Scoprire e tutelare le api mellifere: esce l’app beeWild

L’apicoltura da reddito si è diffusa come la principale strategia di allevamento delle api mellifere. I rapidi cambiamenti climatici, tuttavia, impongono un cambio di rotta, insieme alla necessità crescente di tutelare e proteggere la specie.

Non solo commercio

La produzione di miele vede le api mellifere, in particolare le operaie, impegnate in una frenetica opera di bottinaggio, ovvero di raccolta di nettare e polline dall’alveare ai fiori e viceversa. Per ottenere un chilo di miele, un’ape operaia può volare per 150.000 chilometri, quasi quattro volte il giro della Terra[1].

Il lavoro delle api, tuttavia, non si riduce alla semplice produzione di miele. Tra i derivati del nettare, distribuiti sul mercato per rispondere alle richieste di molteplici settori produttivi, troviamo infatti cera, propoli, polline, pappa reale e veleno d’api (quest’ultimo, dalle note proprietà vasodilatatorie, cardiotoniche, anticoagulanti, utile in campo farmaceutico)[2]. È a seguito del vasto impiego di tali sostanze a livello commerciale, che l’apicoltura da reddito si è diffusa come la principale strategia di allevamento delle api mellifere. I rapidi cambiamenti climatici, tuttavia, impongono un cambio di rotta, insieme alla necessità crescente di tutelare e proteggere la specie.

Le api mellifere e le sfide climatiche

Il tema del benessere delle api mellifere ci porta ad interrogarci in maniera incalzante rispetto al nostro rapporto con l’ambiente. La specie appare infatti incredibilmente sensibile agli effetti dell’inquinamento: spesso gli esemplari muoiono ancor prima di poter portare a compimento il proprio lavoro, soffrendo il contatto con sostanze nocive e contaminanti[3]. Le api sono creature delicate che possono sopravvivere solo in condizioni naturali ottimali. Sebbene l’Europa meridionale abbia presentato buone condizioni climatiche per il benessere e la produttività delle api mellifere, i cambiamenti climatici stanno rapidamente determinando mutazioni meteorologiche di grande impatto sulla fauna del nostro Paese.

Tra i fattori meteorologici più rilevanti in termini di impatto, troviamo il pluviometrico, legato al livello annuo delle piogge, e la temperatura. In particolare, sono le oscillazioni estreme tra questi elementi a rappresentare la più grande sfida per la sopravvivenza delle api[4]. Le analisi fornite dagli osservatori del settore collocano gran parte delle minacce nel contesto del periodo produttivo per eccellenza, la primavera, caratterizzata negli ultimi anni da violenti e repentini sbalzi climatici. Molte colonie non sono infatti riuscite a far fronte alla siccità, né tantomeno alle inondazioni che hanno interessato il territorio italiano, specialmente nei mesi di aprile e di maggio. Allo stesso modo, l’alternanza tra gelate tardive e bombe di calore anomalo ha fatto sì che gli sciami venissero decimati[5]. Il susseguirsi di eventi climatici irregolari si è registrato in parentesi temporali molto brevi, spesso non più lunghe di due mesi. Il periodo preso in esame, tuttavia, è da considerarsi cruciale per il benessere e la sopravvivenza delle api: sono questi, infatti, anche i mesi che vedono la fioritura dei boccioli di piante mellifere, come ad esempio l’acacia, e le conseguenti attività di bottinaggio da parte degli imenotteri[6].

I flussi nettariferi rappresentano un indicatore importantissimo per quanto riguarda lo stato dei “pascoli” delle api, ovvero i campi di piante mellifere che provvedono a nutrire, per mezzo del polline prodotto, anche altri insetti regolatori degli ecosistemi. Se, da una parte, freddo e piogge eccessivi possono disincentivare l’uscita delle api, dall’altro la malnutrizione che ne consegue ha effetti diretti anche sulla riproduzione interna allo sciame. Temperature eccessivamente alte, carenze d’acqua e scarsità di fiori da cui raccogliere il nettare, rendono quindi le api più deboli e suscettibili a malattie: questa fragilità fa sì che l’intera colonia risulti più vulnerabile agli attacchi di batteri, funghi e muffe[7].

Spesso, gli apicoltori si trovano costretti a ricorrere all’alimentazione di emergenza, un metodo che non risulta comunque sufficiente a mantenere alte le presenze all’interno delle arnie. La necessità di un rapporto tra essere umano e api che valorizzi l’approccio di cura e tutela nei confronti del benessere e della conservazione della specie animale, ha reso possibile una rivoluzione in termini di apicoltura. Con l’apicoltura naturale, infatti, le tecniche e le metodologie sono volte a rafforzare l’alleanza rispettosa tra umano e ape, in contesti semi-selvatici che permettono all’intero organismo-alveare di autoregolarsi e adottare strategie proprie di autoconservazione[8]. Sebbene parziale, l’intervento umano si rende necessario poiché l’ambiente naturale non appare più particolarmente ospitale, e anzi, come già visto, nasconde insidie che potrebbero mettere in serio rischio intere sottospecie.

Uno sguardo all’ecosistema siciliano

La Sicilia è la terza regione italiana per quanto riguarda il numero di api e di alveari, ed è responsabile del 20 per cento della produzione nazionale di miele[9]. La regione è inoltre annoverata come bacino d’origine di una sotto-specie di ape mellifera tra le più pregevoli, l’ape siciliana, un vero e proprio ecotipo (o razza geografica) la cui popolazione intrattiene con il territorio uno stretto rapporto, in equilibrio con le sue condizioni climatiche, la geologia e la vegetazione. Quest’ultima, risulta essere cruciale anche dal punto di vista della varietà floristica a cui le api possono attingere: tra i fiori melliferi tipici della biodiversità regionale, infatti, vanno ricordati la Zagara e la Sulla che, arricchendo i “pascoli” siciliani, contribuiscono ad arricchire anche il novero delle eccellenze siciliane[10].

L’adattamento dell’ape nera siciliana all’ecosistema isolano ha fatto sì che la specie arrivasse, secolo dopo secolo, a ricoprire un ruolo chiave nell’impollinazione della flora endemica, flora con cui condivideva la resistenza al caldo e alle difficoltà del territorio[11]. Le sfide che questa sottospecie, ormai autoctona, ha dovuto superare non l’hanno purtroppo resa immune alle trasformazioni climatiche e meteorologiche degli ultimi decenni, tanto da essere dichiarata a rischio di estinzione nel 2008[12].

È solo grazie ai risultati dell’apicoltura sostenibile che, oggi, l’ape nera sicula si vede tutelata e valorizzata. Lo vediamo, ad esempio, nell’esperienza di Nivura, un’innovativa start-up fondata dall’imprenditrice Irene Russo, che si impegna a salvaguardare l’unicità dell’ape nera sicula. Grazie ad InnovAgroWoMed, un progetto volto a rafforzare l’occupazione femminile e la capacità di fare impresa nel settore dell’agroalimentare locale, Irene Russo ha conosciuto Eleonora Chiri di AgroMini, catalizzatore per l’agricoltura rigenerativa in Sicilia. Insieme, le due realtà sono riuscite a costruire una sinergia tra api e territorio che ricalca il rapporto simbiotico esistente tra fauna e flora autoctone.

L’app beeWild: un aiuto alle api mellifere da parte della cittadinanza

La Fondazione Edmund Mach ha recentemente lanciato una nuova e innovativa iniziativa per proteggere gli insetti impollinatori, con particolare attenzione alle api selvatiche. L’iniziativa nasce dalla volontà di creare un progetto di citizen science, a cui i cittadini e le cittadine possano partecipare attivamente. Il progetto si basa infatti su un’applicazione mobile gratuita chiamata beeWild, che funge da guida per identificare le api selvatiche e consente all’utenza di segnalare gli avvistamenti.

Attraverso l’applicazione, è possibile condividere la posizione e le foto dell’esemplare, per ottenerne l’identificazione da parte degli esperti. L’idea si inserisce in un contesto di allarmante diminuzione delle popolazioni di api in tutto il mondo, nonché di gravi minacce per la biodiversità, l’agricoltura e la resilienza degli habitat naturali. Le ragioni di questo declino sono numerose, tra cui la distruzione degli habitat, l’uso di pesticidi, il cambiamento climatico, ma anche l’incontro con nuove specie di parassiti e predatori[13]. Mappando l’attuale distribuzione delle api selvatiche, i dati raccolti da beeWild forniranno informazioni preziose sui loro contesti ambientali, nonché sulla capacità di adattamento degli sciami di fronte alle sfide della sopravvivenza.

Il progetto beewild della Fondazione Edmund Mach rappresenta un passo fondamentale verso la comprensione e la conservazione dell’equilibrio ecosistemico europeo. Permette ai cittadini di contribuire alla ricerca scientifica, sensibilizzando sull’importanza delle api e degli altri impollinatori nel mantenere l’equilibrio ecologico e nel sostenere i sistemi agricoli. Chiunque può scaricare l’applicazione beewild, disponibile su Play Store e App Store, e contribuire al progetto.

Sitografia utile


[1] UNAAPI, 2011, Ecco perché le api muoiono, disponibile in: https://www.unaapi.it/download/club.pdf

[2] Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, 2015, Informazioni sulla filiera del miele,consultabile al link: https://www.izslt.it/wp-content/uploads/2015/05/filiera_miele.pdf

[3] UNAAPI, 2011, Ecco perché le api muoiono, consultabile al link: https://www.unaapi.it/download/club.pdf

[4] Osservatorio Nazionale Miele e ISMEA, 2023, Report mancate produzioi primaverili 2023 e stima del danno, consultabile al link: https://www.informamiele.it/wp-content/uploads/2023/07/Report-mancate-produzioni-primaverili-2023-e-stima-del-danno.pdf

[5] Osservatorio Nazionale Miele e ISMEA, 2023, Report mancate produzioi primaverili 2023 e stima del danno, consultabile al link: https://www.informamiele.it/wp-content/uploads/2023/07/Report-mancate-produzioni-primaverili-2023-e-stima-del-danno.pdf

[6] Ricciardelli D’albore, G., Intoppa, F., 2000, Fiori e api. La flora visitata dalle api e dagli altri apoidei in Europa, Edagricole, Bologa, consultabile al link: http://www.bombus.it/pdf/fiori_e_api/fiori_e_api.pdf

[7] Osservatorio Nazionale Miele, 2018, Intervento di Alberto Contessi, consultabile al link: https://www.informamiele.it/wp-content/uploads/2018/09/Intervento-di-Alberto-Contessi-Importanza-delle-sottospecie-e-degli-ecotipi-di-api-locali-per-affrontare-il-cambiamento-climatico-in-atto.pdf

[8] Associazione Regionale Apicoltori Siciliani, Rubrica – Apicoltura Naturale, consultabile al link: https://www.apicoltorisiciliani.it/rubriche/

[9] Associazione Regionale Apicoltori Siciliani, Crisi apicoltura, CIA Sicilia e Associazioni lanciano l’SOS, notizia consultabile al link: https://www.apicoltorisiciliani.it/crisi-apicoltura-cia-sicilia-e-associazioni-lanciano-lsos/

[10] Consorzio Nazionale Apicoltori, 2023, Breve guida per conoscere il miele, consultabile al link: https://conapi.it/wp-content/uploads/2023/03/Conapi-Guida-per-conoscere-il-miele.pdf

[11] Fontana P., Zanotelli, L., (a cura di), 2021, Api e Biodiversità. Tutela delle sottospecie autoctone di apis mellifera linnaeus, Fondazione Edmund Mach, consultabile al link: https://openpub.fmach.it/retrieve/e1dbfeab-fe63-4ac9-e053-1705fe0a1c61/2021%20Api%20e%20biodiversit%C3%A0.pdf

[12] Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, Approfondimento – L’Ape nera sicula, consultabile al link: https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/ape-nera-sicula/

[13] Legambiente, 2023, Biodiversità a rischio. Rapporto sullo stato di salute delle specie viventi, sui principali fattori di rischio e sulle strategie da adottare per far fronte alla perdita della diversità biologica, consultabile al link: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2023/05/Biodiversita-a-rischio-2023.pdf